“INCLUDERE L’ALTRO”

“INCLUDERE l’ALTRO”

Includere l’esperienza dell’Altro nei progetti di aiuto sociale

Come Legambiente Verona, partecipiamo da ormai  due anni alla realizzazione di progetti RUI e RIA come soggetto ospitante. È difficile riassumere in pochi minuti il valore immenso di questa esperienza, e per farlo comincerei da una riflessione dettata dall’aspetto sostanzialmente umano dell’esperienza che abbiamo vissuto e che abbiamo visto prendere forma nelle persone che hanno beneficiato del progetto attraverso le nostre strutture.

Si sente spesso parlare di assistenza sociale economica, contributi economici, sussidi e reddito di cittadinanza, senza considerare l’aspetto che va al di là di quello immediatamente economico segnalato comprensibilmente – nella domanda e nell’offerta di misure sociali – come quello più urgente e più sensibilmente efficace. A questo tipo di constatazione – pur riconoscendone la legittimità e la pertinenza – ci sentiamo, dopo due anni di progetti con le assistenti sociali del Comune di Verona, di dire che no, non è quello il punto. Non è il valore immediatamente economico quello che fa la differenza per il beneficiario e per la rete sociale coinvolta.

Pur costituendo una questione da tenere sempre presente, la misura economica è l’aspetto basico di una misura di questo tipo; il valore sociale, invece, sta in tutto il resto. Abbiamo incontrato in questi due anni  persone che sono arrivate al progetto per difficoltà economiche, e siamo rimasti atterriti da come, purtroppo, la marginalità economica, in questo momento storico forse più che in altri, possa colpire chiunque, ogni giorno: per questo, se già lo pensavamo prima di occuparci più da vicino di progetti sociali come negli ultimi anni, siamo sempre più lontani dalla definizione di soggetto svantaggiato. Oggi, e forse da sempre, il soggetto in carico ai servizi sociali è colei o colui che le circostanze storiche ed economiche trasformano – spesso da un giorno all’altro – in qualcuno in stato di svantaggio sociale e successivamente, spesso, lo rendono e lo portano a considerarsi qualcuno che è e rimane uno svantaggiato.

Questo progetto, per le proprie caratteristiche costitutive, nasce da un’idea che va nettamente in contrapposizione con questo tipo di dinamica e di riflesso sulle persone coinvolte. Dal primo all’ultimo colloquio, ogni persona è stata presentata e inserita dall’assistente sociale di riferimento spiegandole e spiegandoci il carattere di reinserimento in una dinamica inclusiva, che riportasse la persona non tanto a ricevere denaro, ma a ricevere un piccolo contributo a sostegno di un movimento attivo di volontariato presso determinati centri, con uno spirito adeguato e con attività che potessero non solo valorizzare le capacità, l’impegno e l’attitudine umana di ognuno, ma anche svelare competenze latenti che avessero lo spazio per emergere e radicarsi in un luogo che diventasse uno spazio nuovo per ri-vedersi. Una delle cose più emozionante è stata quella di sentire, da parte dei volontari inseriti nel progetto RIA, il racconto di percepire ormai la nostra associazione, le nostre volontarie del Servizio Civile, tutti coloro che ci hanno aiutato, come una famiglia, e il luogo di svolgimento dell’attività come una casa.

Abbiamo constatato nella maggior parte dei casi quanto sia stato grande il valore dell’inserimento in una rete plurale di persone, volontari, visitatori: questo significa che qualcosa di fondamentale è riuscito. Non si trattava di un lavoro o di un’attività alternativa a quella professionale. Non si trattava di un assegno. Si trattava dell’unica cosa che dovrebbe veramente chiamarsi assistenza sociale. Le persone che ci hanno contattato dai Servizi del Comune di Verona hanno assistito soggetti in un percorso svolto da loro stessi, attivamente: le hanno accompagnate verso se stesse.

Questa, a nostro parere, è proprio la forma di assistenza sociale che si scosta da qualsiasi gesto paternalista, in cui il soggetto aiutato è passivo. La grande differenza, rispetto ad altri progetti, è stata quello di restituire alle persone la percezione della propria dignità.

E, soprattutto, queste persone sono entrate in un’esperienza di condivisione e di relazione reciproca. Sembra un ossimoro, ma la relazione non sempre è vissuta come qualcosa di bilaterale. Il primo titolo che ci è stato indicato da Giuliana per l’incontro di oggi era Includere l’esperienza dell’altro nei progetti di aiuto sociale. La cosa che possiamo rilevare e dire, è che non siamo sicuri che questo progetto abbia semplicemente aiutato: sono state le persone coinvolte come beneficiarie che hanno aiutato. E questa è la grande differenza, il grande valore aggiunto. L’aiuto sociale è arrivato proprio da loro, che sono diventate figure spesso essenziali per la nostra associazione (e sappiamo non solo per la nostra) per la loro perseveranza e per la passione quasi gelosa rispetto alle attività: ogni atto di fiducia o cessione di responsabilità verso di loro è ritornato indietro come una  responsabilità assunta e fedeltà preziosissima che ci ha permesso di realizzare meglio le attività e il loro coordinamento.

Una considerazione in più : abbiamo avuto la fortuna di poter accogliere volontari e volontarie inseriti nel progetto Ria in luoghi d’arte e cultura che abbiamo in concessione come programma di tutela dei beni culturali. Solo questo, per esempio, è un dato di quanto possa trasformarsi il panorama di una persona che – in un progetto studiato con i presupposti prima spiegati – nel momento di inserimento in un azione sociale, si trova a dare il proprio contributo a un ambito come quello artistico che già di per sé segna ogni vita nel senso della bellezza e della cura: tutto questo grazie alle assistenti sociali che, a ogni incontro, hanno fatto tesoro della memoria delle esperienze precedenti sapendo consigliare e connettere in tutti i casi le persone adeguate all’area di volontariato che più avrebbe incontrato la persona coinvolta.

Un detto di dubbia attribuzione recita “Il buon dio è nel dettaglio”: riteniamo che il progetto RIA sia stata e sia tuttora la dimostrazione di un’attenta capacità di tenere insieme tutti i dettagli, prendendosene cura e impreziosendo ogni minima variazione di ogni singolo accordo, sempre monitorato da incontri, telefonate, domande, soprattutto in presenza della persona protagonista: ascoltare e consigliare, senza mai da una parte imporre e dall’altra lasciare qualcuno a se stesso e alle proprie talvolta consolidate debolezze.

Ringraziamo chi ha avuto questa idea e speriamo di proseguire nella collaborazione, certi che questo modo di lavorare possa continuare a stupire e a distinguersi per il proprio stile. Un grazie speciale per essere sempre in sintonia con noi a Giuliana e a Daniela a che ci hanno  guidati in questo percorso.