COLLETTORE DEL GARDA. NECESSARIA UNA VALUTAZIONE PER L’IMPATTO AMBIENTALE

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Comunicato stampa

COLLETTORE DEL GARDA

NECESSARIA UNA VALUTAZIONE PER L’IMPATTO AMBIENTALE

IL DECALOGO DI LEGAMBIENTE PER SALVARE IL LAGO DI GARDA

 

Il valore del capitale fisico del Garda non è mai cresciuto così tanto come negli ultimi anni, ma alla fine di questo imponente ciclo immobiliare le coste gardesane si ritrovano ad aver occupato ogni piccolo spazio disponibile, con una viabilità senza più alcuna soluzione di continuità (nemmeno per le ciclabili), con bilanci comunali ricchi (rispetto ai comuni che non godono dell’industria del turismo) ma ritenuti insufficienti per affrontare misure necessarie per migliorare lo stato dei luoghi e la loro qualità ambientale.

Tra queste il nuovo impianto di collettamento dei reflui che, dopo anni di attesa per la sostituzione dell’inefficiente e inadeguato precedente collettore, il problema principale pare incentrarsi sui costi eccessivi legati allo spostamento della rete lontana dalle rive, e per questo, per quanto traspare dagli articoli apparsi sulla stampa, riproposto perlopiù ancora sulle medesime rive.

Erroneamente pensavamo che fosse diffusamente condivisa tra gli attori principali la necessità dell’allontanamento del nuovo impianto dalle rive, rimuovendo in questo modo la principale causa di pericolo per l’alta vulnerabilità degli ecosistemi acquatici interessati e garantendo contemporaneamente la possibilità di rinaturalizzare e ripristinare i sensibili valori ecologici delle rive stesse. La certezza che così fosse era confermata dall’indiscusso progetto preliminare, redatto su incarico di AGS e sempre portato in palmo di mano come soluzione principale ai mali del lago di Garda. Nello studio sulla fattibilità di nuovi tracciati, infatti, si propone “…una rete di collettori posata sotto sedi stradali pubbliche o nelle immediate adiacenze… limitando al minimo sia l’impatto ambientale che le occupazioni di aree… oltre ad evitare la realizzazione di ulteriori condotte sub-lacuali…” per ottenere “…benefici in termini di minori costi di gestione”.

Altrettanto chiare le specifiche tecniche richieste nel recente bando di gara per la progettazione del progetto definitivo, per cui, richiamando i presupposti del progetto preliminare, si postulava la “creazione di un nuovo collettore a quote più elevate dell’attuale (ed in posizione diversa) destinato alla raccolta delle acque nere…”.

A questo punto alcune domande sorgono spontanee: perché questo improvviso cambio di rotta? Possibile che a distanza di qualche mese dalla presentazione del bando per la redazione del progetto definitivo possa nascere un progetto radicalmente diverso da quanto previsto dal preliminare e dalle medesime richieste puntuali dello stesso bando? E perché un progetto sempre più pericolosamente simile se non uguale all’impianto esistente? Perché spendere 85 milioni di euro per rifare un collettore fotocopia dell’attuale? Possibile che solo ora ci si accorga che il tratto di impianto esistente, da riutilizzare, è un colabrodo? E che questo costerà ulteriori 25 m/€ portando la spesa complessiva a 110 m/€? Solo ora ci si rende conto della “presunta” maggiore onerosità per l’allocazione della rete su terraferma, tra l’altro contraddicendo quanto affermato nel progetto preliminare? E perché non sono state confrontate fin dall’inizio le migliori soluzioni che la tecnologia può disporre?

Tutte domande le cui risposte avrebbero dovuto essere presenti nello studio per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), se mai fosse stato realizzato.

Nel recente convegno del luglio scorso organizzato da Legambiente, aldilà dell’indubbio interesse delle diverse presentazioni effettuate dai tecnici di AGS, è risultata subito evidente la carenza di un quadro organico d’insieme, capace di far convergere le varie componenti progettuali in un organico progetto sinergico sin dalle prime fasi di ideazione del progetto, con la finalità di integrare ed ottimizzare le specifiche scelte progettuali in termini di fattibilità (e sostenibilità) tecnica, economica, ambientale e sociale.

Studio Ambientale dunque, eseguito non per riempire le “caselle” volute dalla burocrazia, ma per sapere come meglio muoversi, raggiungendo i migliori risultati possibili con l’uso ottimale delle risorse disponibili, nel rispetto assoluto dell’Ambiente in tutte le sue forme, e – soprattutto – creando da subito l’indispensabile consenso tra quanti potessero avere in qualche modo interesse nel progetto stesso.

In forma di estrema sintesi, lo Studio Ambientale cui ci riferiamo avrebbe dovuto:

  • confrontare il maggior numero di alternative tecniche possibili;
  • valutare i costi ed i benefici in termini economici, l’impatto ambientale e la fattibilità sociale delle diverse soluzioni proposte;
  • integrare la studio con gli effetti e gli impatti cumulativi con altri piani o progetti già presenti, avendo come riferimento il Piano d’Area Baldo-Garda per quanto riguarda le nuove progettualità previste;
  • diffondere “passo-passo” i risultati di queste valutazioni tra i cosiddetti “azionisti” (Sindaci, parti sociali, operatori economici, cittadini ecc.), attraverso incontri o conferenze pubbliche dedicate;
  • ottenere in tal modo uno schema progettuale ottimale e condiviso, comprendente le soluzioni più idonee, sia sul piano tecnico che su quello economico ed ambientale.

Allo stato attuale, è opinione di Legambiente che la maggior parte delle criticità espresse (ad es. dove collocare il nuovo collettore, costa, Gardesana, o…), avrebbero potuto trovare soluzioni adeguate e “compartite”, e che comunque poco o nulla si possa dire in assenza di uno studio di impatto ambientale, sul tipo di quello sopra descritto.

A titolo di esempio, va citato che il progetto preliminare prevede “tout-court” la soppressione della connessione trans-sub-lacuale, come cosa più ovvia da fare in considerazione delle problematiche in essere. Non ci risulta però che sia mai stata valutata (o presentata a discussione) una alternativa concettualmente opposta, ovvero, ad esempio, la realizzazione di una nuova connessione subacquea dell’intero collettamento dei reflui, applicando materiali, tecnologie di posa e sistemi di controllo e monitoraggio in continuo nettamente più moderni rispetto a quelli di 50 anni fa, con possibili vantaggi sia ambientali che economici.

Si vuole, insomma, solo sottolineare l’importanza dell’approccio Ambientale Integrato e Sinergico proposto sia pure con imperdonabile ritardo. Ritardo che, a nostro avviso, è però ancora recuperabile, visto anche che una partenza delle opere a brevissimo sembra sia da escludere e che uno studio di questo tipo potrebbe essere concluso nell’arco di 12 mesi ed a costi del tutto marginali, vista l’abbondante massa di dati e studi preliminari disponibili, se confrontati con l’investimento in programma.

Non ci si può fermare all’unica logica che pare sia stata adottata a questo momento, ovvero quella di minimizzare i costi, rischiando di riproporre un impianto inadeguato e fotocopia dell’esistente.

Quindi, per concludere, Legambiente propone

  • avviare il processo di Valutazione di Impatto Ambientale Integrata del nuovo progetto di collettamento, nel rispetto delle caratteristiche sinteticamente precedentemente esplicitate;
  • introdurre, per tutte le dinamiche che coinvolgono il Garda, il concetto di “limite”, in particolare per l’edificabilità, le presenze turistiche e la viabilità. Il nuovo impianto di collettamento non deve in alcun modo essere il veicolo per proseguire con gli stessi modelli di sviluppo fin qui adottati;
  • elaborare uno studio approfondito che valuti lo stato della fascia perilacuale;
  • valutare lo stato idrogeologico dei versanti e dei campi terrazzati, in particolare considerando gli indirizzi del Piano di Assetto Idrogeologico redatto dall’Autorità di Bacino del Po.
  • valutare lo stato di salute dei corsi d’acqua che scendono a lago, promuovendo periodici prelievi delle loro acque per verificare la presenza di inquinanti, organici e non;
  • verificare lo stato di collettamento dei reflui e delle acque parassitarie nei sistemi fognari nell’entroterra, rispettando i criteri previsti dalla direttiva acque in materia di separazione e riuso delle acque;
  • analizzare e quantificare i carichi inquinanti dovuti al dilavamento dei terreni agricoli dell’intero bacino gardesano, in particolare tenendo conto degli apporti dovuti alle coltivazioni viticole;
  • istituire un Osservatorio Interregionale per il Garda, che riunisca tutti gli attori del territorio, da quelli istituzionali alle associazioni accreditate, con compiti di tutela dell’ecosistema e di promozione di attività scientifica e di ricerca per la formulazione di proposte idonee alla definizione di politiche di valorizzazione del territorio gardesano;
  • coinvolgere i cittadini e i portatori di interessi per ogni attività e ogni azione anche in un’ottica di riduzione dei conflitti;
  • predisporre un Piano di Adattamento e Mitigazione ai Cambiamenti Climatici a scala di ecosistema di bacino del Garda.

 

Verona 10 Settembre 2019

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